GOETHE CONCLUDE IL “VIAGGIO IN ITALIA” CON LE PAROLE DI OVIDIO NELLA TRISTEZZA DELLA NOTTE DELL’ADDIO

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Un particolare dell’arco di Settimio Severo

LA “TRISTISSIMA NOCTIS IMAGO” COME QUELLA DELLA PARTENZA DEL VATE PER IL PONTO

15 GIUGNO 2018 – Si è immedesimato completamente nei luoghi del suo amato viaggio in Italia il Goethe che per il doloroso saluto alla città di Roma usa le parole di Publio Ovidio Nasone e ripropone la “tristissima noctis imago” che il Sulmonese aveva descritto nei “Tristia” per ricordare le ultime ore nella capitale del mondo prima della relegazione a Tomi, nel Ponto.

Il “viaggio per incontrare se stessi”, quale era inteso il Grand Tour del Settecento, aveva portato il tedesco nei luoghi ormai irriconoscibili dei Fori, sotto l’arco di Settimio Severo, accanto a monumenti magari confinanti con pascoli lasciati dalla millenaria opera del Tevere con le sue ricorrenti inondazioni fino alle basi del Campidoglio.; al punto che l’arco fu per buona parte interrato e in corrispondenza dell’arco centrale vi alloggiò una bottega per barbiere.

Goethe

Le parole di Ovidio scolpite nelle sale del Palazzo dell’Annunziata

Ma Goethe sapeva sovrapporre, al devastato panorama delle rovine, le immagini, anche quelle famose del Piranesi che decoravano la casa della sua giovinezza, in famiglia, con la riproduzione dell’antica grandezza di Roma. Sapeva emozionarsi nel sentire lo spirito dei grandi personaggi di Roma che in quei posti erano vissuti. E aveva appreso nella lettura delle Metamorfosi un modo gioioso di conoscere i miti.

Il “Viaggio in Italia”, compiuto negli anni Ottanta del XVIII secolo, è una raccolta, per lo più, di articoli e di “carteggi”. Nell’ultimo di questi, per trasmettere al lettore il lutto profondo che nel suo animo determina la consapevolezza di dover abbandonare Roma, prende la traduzione di un suo collaboratore di quel passo dei “Tristia” e poi riporta il testo latino, che ricorda a memoria. Senza aggiungere altro; semplicemente immedesimandosi nel lutto di Publio Ovidio Nasone durante le ore del commiato dalla città e dalla moglie Fabia, quando fu fulminato dall’editto di Augusto, firmato proprio dall’Imperatore in persona, irrevocabile come tutte le decisioni che hanno fatto la Storia di Roma e che, quindi, nella Storia di Roma hanno compreso anche Ovidio.

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