CINQUANTA ANNI DI GIORNALISMO A SULMONA, UN PRIMO BILANCIO

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L’inventore dei caratteri mobili, Johannes Gutenberg

CONFERENZA A VIA SILVESTRO DI GIACOMO SUI LINOTYPISTI, I CORRETTORI DI BOZZE E IL MONDO DI GUTENBERG CHE FA ANCORA DA MODELLO AL WEB

19 APRILE 2018 – Alla “Università della Libera età” oggi alle 16,15, nell’Istituto “Ovidio” di Via Silvestro Di Giacomo sono state esaminate le forme del giornalismo sulmonese negli ultimi cinquanta anni: “Dalla carta stampata, all’etere, al web”.

Tra il 1968 ed oggi si è maturata una trasformazione che è difficile riscontrare per molti secoli precedenti; fatta esclusione, certamente, per l’ora magica che Gutenberg ha lasciato scoccare nel XV secolo con i caratteri a stampa. Ma questo riguarda tutto il mondo.

Sulmona ha vissuto un secolo dinamico, diremmo effervescente, perché all’inizio del ‘900 era un laboratorio di idee, incrementato dalla propulsione dei fermenti socialisti (per la massiccia presenza di ferrovieri) e delle tradizionali idee liberali; e si è presentata con questa lunga rincorsa a travasare energie intellettuali quando le antenne cittadine sono state dominate da ripetitori di varie radio private, nel 1976. Al tribunale, nel registro della stampa, venne iscritta la prima testata giornalistica non… stampata: trasmessa via etere. “RGF”, cioè “Radio Giorgio Farina”, è stata un centro di aggregazione prima che una fabbrica di dediche sulle canzoni oppure di notiziari e programmi di approfondimento.

La tecnologia ha avvicinato sempre di più i due punti estremi che nel giornalismo sono contrassegnati nel passaggio dall’avvenimento alla divulgazione: l’apparato di linotypisti (quelli che secondo Lucio Dalla passano la notte insieme ai pessimisti, ai cattivi pensieri e ai gatti neri), stenografi, correttori di bozze, trasportatori ed edicolanti ha caratterizzato per cento anni il mondo attorno ai redattori per consegnare ai lettori il loro “prodotto”, come si finì per chiamarlo con scandalo dei puristi dell’intelletto della stampa. Ed è stato il riscatto delle piccole realtà provinciali, perché improvvisamente si risparmiavano risorse cospicue e si gareggiava più leggeri per proporre più punti di vista: i giornalisti si sono trovati a fare tutto da soli e via etere hanno raggiunto gli ascoltatori senza grandi intermediari, se si eccettua Giorgio Farina, a Sulmona (e non sappiamo quanti altri con identica bravura e professionalità altrove), re dei ponti-radio e Tarzan dei tralicci a tutte le ore del giorno e della notte.

Dal 1976 ai primi anni Ottanta è stata una apoteosi del giornalismo a poco prezzo e talvolta di qualità non effimera. Un popolo sulmonese, abituato a partecipare in massa e con convinzione alle notti dei risultati elettorali e a commentare fino all’ultima preferenza, cioè un popolo reattivo sui temi civici più di città imbalsamate come L’Aquila e Pescara, si è trovato a portata di orecchio uno strumento semplice e quasi gratuito come la radiolina a transistor, oppure, male che andasse (per zone imperversate da montagne e dirupi, guarda caso come l’Appennino abruzzese) con le radio a onde ultra-corte o a modulazione di frequenza.

Il fenomeno del collegamento continuo, della partecipazione coinvolgente si è intensificato con la diffusione del web, perché i costi si sono ridotti quasi a zero e con essi si sono quasi annientati i tempi della produzione del giornalismo, che è ormai quasi una riflessione lampo, da consumare con i primi (che sono anche gli ultimi) commenti alla notizia.

E’ un bene questa rotativa sempre accesa?

E’ un bene che le notizie non necessitino di correttori di bozze perché il tempo che impiega un correttore a fare il suo mestiere (con la “Disfida di Barletta”, che è il modello dei segni convenzionali per le correzioni) è più lungo di quello che impiega una notizia a scomparire dalle primizie?

Certo che no, perché il giornalismo è molto di più della fulminea trasmissione delle ultime novità: il giornalismo dovrebbe essere il frutto del cervello e non della bocca soltanto. Non è solo l’”urlo delle caverne” come lo descrive (insieme alle altre sue forme: “iota del Partenone”; “ansia della sera, trionfo del mattino”) la prefazione in rima di una pregevole “Enciclopedia del giornalismo” conservata nella Biblioteca Comunale e chissà da quale coltre di polvere ricoperta dall’ultima volta che Mario Marcone ce la mostrò.

Il giornalismo è, come conclude proprio quell’ode, la conquista dell’autonomia del giudizio e del pluralismo delle fonti (“tu sei la libertà”). E così i linotypisti non dovranno essere più pessimisti (se non per conservare la rima di Lucio Dalla) perché il tempo della produzione di un articolo non è detto che sia tempo sprecato: serve a correggerlo delle mille imprecisioni su come il fatto è stato percepito e serve a scolpirlo su una materia che non sia solo l’etere o i megabyte, affinchè si tramandi e possa sperare di diventare Storia.

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